Articolo scritto per “il Glocale” http://www.ilglocale.wordpress.com
Lo scenario geopolitico mondiale post guerra fredda è un ibrido immerso nel caos, i cui sviluppi sono difficilmente prevedibili e sicuramente verranno basati in ottica multipolare.
La belle époque delle relazioni internazionali è un capitolo chiuso, è finito il tempo di appoggiarsi nel blocco preferito e vivere di rendita. Il mondo è cambiato e urgono scelte importanti.
Con la fine del confronto bipolare, la vittoria americana sull’URSS ha scommesso sul fronte della modifica dei principi di diritto internazionale. Per esser più specifici è da Bush padre che gli Stati Uniti, dotandosi del RMA – Revolution in Military Affairrs – hanno esplicitamente modificato ed esteso il raggio d’azione della loro politica estera senza maschere la volontà di americanizzare il mondo, partendo dall’Europa. Analogia scontata quella con Roma antica; dopo la “pax hiberica” e poi quella britannica il 900 ed il nuovo millennio sono appannaggio degli statunitensi.
Alla legittimità dell’uso della forza militare in caso di difesa (individuale o collettiva) la prassi consuetudinaria, infrangendo il vecchio dogma della non ingerenza negli affari esteri, è indirizzata verso la “pre-emptive war” (guerra preventiva) sulla cui opinione il mondo si divide.
Il messianismo occidentale porta le nazioni a belligerare non tanto per interessi meramente politici quanto per imporsi sul piano dei valori e della cultura, tanto nell’Islam quanto in Asia.
Il più valido braccio armato dell’imperialismo a stelle e strisce è la NATO. Dal Kossovo (1999), all’Afghanistan (2001) ed all’Iraq (2003) le operazioni “out of area” hanno scardinato lo scopo difensivo dell’alleanza sancito dall’art 5 del Trattato Atlantico stesso trascinando i paesi europei in posizioni talvolta ambigue e poco ragionate. Non basta, perchè l’America conta su oltre 1000 basi militari sparse per il mondo, caratterizzandosi per essere “standing army”.
Se sul piano valoriale ci sono molti affinità fra UE e USA, non lo stesso lo si può affermare per i mezzi utilizzati nella pratica per affermali. Il 68 fu solo una parentesi che vide un certo scollamento fra le due posizioni occidentali ed ora si ripropongono le medesime divergenze in maniera anche più forte.
Ad un’Europa maggiormente rivolta alla diplomazia ed al “soft power” risponde in maniera ancora più decisa un’America “unilateralista” e rivolta cinicamente all’ ”hard power”.
Il dominio americano alla NATO è cosa storicamente appurata e va affermandosi la volontà, qualora si trovino difficoltà a raggiungere i compromessi interni, a ricorrere a “coalition of willing” ad hoc per missioni militari specifiche. In qualche misura gli Stati Uniti stanno cercando il rimedio ad un impasse europea ormai sedimentata, trovando nella Russia putiniana e rivolta ad Ovest l’alleato tipo per costituire un blocco occidentale ancora più esteso. Il tutto incentivando le potenze dell’ex Patto di Varsavia all’interno della loro sfera d’azione Euro-Atlantica.
Da Huntington a Fukuyama sono tanti gli studiosi di geopolitica a fare previsioni sul futuro prossimo del mondo ma, a mio avviso, l’analisi di Carlo Jean è la più realistica:
Un’America alleata all’Europa (che si augura compatta ed alleata ma indipendente da Washington) sempre più volta al dialogo assimilatore con la Russia che ritrova i suoi “inimicus” nella Cina e nell’Islam, ancora troppo deboli per fronteggiarla.
A chi, come me, sogna ancora un mondo fatto di popoli in positivo e reciproco dialogo, un mondo pacifico entro il quale le nazioni si rispettino civilmente senza fare la gara a chi si impone di più, rimane la crudezza della storia e l’urgenza di cambiarla.