Usa: empire by invitation

21 Giu

Articolo scritto per “il Glocale” http://www.ilglocale.wordpress.com

Lo scenario geopolitico mondiale post guerra fredda è un ibrido immerso nel caos, i cui sviluppi sono difficilmente prevedibili e sicuramente verranno basati in ottica multipolare.

La belle époque delle relazioni internazionali è un capitolo chiuso, è finito il tempo di appoggiarsi nel blocco preferito e vivere di rendita. Il mondo è cambiato e urgono scelte importanti.

Con la fine del confronto bipolare, la vittoria americana sull’URSS ha scommesso sul fronte della modifica dei principi di diritto internazionale. Per esser più specifici è da Bush padre che gli Stati Uniti, dotandosi del RMA – Revolution in Military Affairrs – hanno esplicitamente modificato ed esteso il raggio d’azione della loro politica estera senza maschere la volontà di americanizzare il mondo, partendo dall’Europa. Analogia scontata quella con Roma antica; dopo la “pax hiberica” e poi quella britannica il 900 ed il nuovo millennio sono appannaggio degli statunitensi.

Alla legittimità dell’uso della forza militare in caso di difesa (individuale o collettiva) la prassi consuetudinaria, infrangendo il vecchio dogma della non ingerenza negli affari esteri, è indirizzata verso la “pre-emptive war” (guerra preventiva) sulla cui opinione il mondo si divide.

Il messianismo occidentale porta le nazioni a belligerare non tanto per interessi meramente politici quanto per imporsi sul piano dei valori e della cultura, tanto nell’Islam quanto in Asia.

Il più valido braccio armato dell’imperialismo a stelle e strisce è la NATO. Dal Kossovo (1999), all’Afghanistan (2001) ed all’Iraq (2003) le operazioni “out of area” hanno scardinato lo scopo difensivo dell’alleanza sancito dall’art 5 del Trattato Atlantico stesso trascinando i paesi europei in posizioni talvolta ambigue e poco ragionate. Non basta, perchè l’America conta su oltre 1000 basi militari sparse per il mondo, caratterizzandosi per essere “standing army”.

Se sul piano valoriale ci sono molti affinità fra UE e USA, non lo stesso lo si può affermare per i mezzi utilizzati nella pratica per affermali. Il 68 fu solo una parentesi che vide un certo scollamento fra le due posizioni occidentali ed ora si ripropongono le medesime divergenze in maniera anche più forte.

Ad un’Europa maggiormente rivolta alla diplomazia ed al “soft power” risponde in maniera ancora più decisa un’America “unilateralista” e rivolta cinicamente all’ ”hard power”.

Il dominio americano alla NATO è cosa storicamente appurata e va affermandosi la volontà, qualora si trovino difficoltà a raggiungere i compromessi interni, a ricorrere a “coalition of willing” ad hoc per missioni militari specifiche. In qualche misura gli Stati Uniti stanno cercando il rimedio ad un impasse europea ormai sedimentata, trovando nella Russia putiniana e rivolta ad Ovest l’alleato tipo per costituire un blocco occidentale ancora più esteso. Il tutto incentivando le potenze dell’ex Patto di Varsavia all’interno della loro sfera d’azione Euro-Atlantica.

Da Huntington a Fukuyama sono tanti gli studiosi di geopolitica a fare previsioni sul futuro prossimo del mondo ma, a mio avviso, l’analisi di Carlo Jean è la più realistica:

Un’America alleata all’Europa (che si augura compatta ed alleata ma indipendente da Washington) sempre più volta al dialogo assimilatore con la Russia che ritrova i suoi “inimicus” nella Cina e nell’Islam, ancora troppo deboli per fronteggiarla.

A chi, come me, sogna ancora un mondo fatto di popoli in positivo e reciproco dialogo, un mondo pacifico entro il quale le nazioni si rispettino civilmente senza fare la gara a chi si impone di più, rimane la crudezza della storia e l’urgenza di cambiarla.

Piramide identitaria

26 Mag

Ho sempre sognato un mondo senza frontiere, un mondo entro il quale le bandiere degli stati potessero significare unicamente diversità storico culturali positive, dalle quali ogni popolo potesse attingere per confrontarsi e migliorarsi. Sogno tutt’ora un livello politico prima europeo e poi mondiale che possa definire le regole civili base dell’umanità entro le quali possano gli stati muoversi liberamente in un quadro di comune concordia e pace.

Tutto ciò non toglie niente, anzi rafforza, il mio consapevole radicamento ad una comunità specifica forte di tradizioni, lingue, usi e costumi, paesaggi e codici comportamentali comuni e specifici. Sono questi i tratti identitari che formano il senso di appartenenza più prossimo all’individuo ed aprono liberamente, ma con un background culturale definito, le porte dell’emancipazione umana.

Rappresentandola in forma piramidale mi sento profondamente cittadino del mondo, figlio della civiltà occidentale, appartenente ad una comunità europea di stati e figliastro dell’Italia. Il gradino successivo e’ quello più intimo e profondo, ovvero quel gradino un po’ più alto che demarca l’appartenenza nazionale, ben caratterizzata e riconoscibile da altre per via della profonde diversità storiche, culturali, linguistiche e socio economiche.

Ciò che sostengo e’ la mia ultima ed intima appartenenza al popolo ed alla terra sarda.
Credo nella palese diversità del popolo sardo da quello italiano e sostengo l’esigenza di un riconoscimento politico di tale differenza. Ecco tutto, per oggi ciò che mi manca e’ solo uno stato libero.

L’India che mi e’ passata davanti…

24 Mag

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Diecipercento India

24 Mag

Considerazioni occidentali in presa diretta

Vivere la povertà più estrema ed intuire una debole voglia di riscatto e’ ciò che personalmente mi ha più toccato di questo immenso ed unico paese asiatico.
Giudicare oggettivamente una nazione ed una cultura radicalmente diversa da quella occidentale e’ per me molto difficile se non del tutto impossibile ma alcune considerazioni o meglio comparazioni e’ anche possibile farle seppur con umiltà e prudenza.

Esageratamente popolosa, inquinata e degradata e’ Delhi, capitale e sintesi della nazione indiana, forte e debole allo stesso momento di una profonda diversità interna sia sociale che religiosa che vede convivere hinduisti, sihk, musulmani, cristiani e buddisti nelle stesse strade.

Il sistema sociale, profondamente influenzato dalla cultura religiosa hinduista, e’ visibilmente suddiviso in caste le quali delimitano tristemente l’emancipazione umana rendendola vincolata alla fortuna nella nascita o poco più.
I mestieri più umili sono svolti dagli ultimi di questa piramide sociale, gli intoccabili, che non hanno accesso ad altri ruoli sociali mentre gli atteggiamenti di coloro che appartengono ad una casta alta sono generalmente impositori e pretenziosi nei confronti di quelli che occupano una posizione più bassa nella società e tutto sembra esser normale per una civiltà che appare poco critica con se stessa. Anche la spiritualità più ortodossa e’ appannaggio dei primi, agli ultimi e’ riservata solo la pietà dei loro Dei.

Le religioni dominanti professano il credo della reincarnazione e questo meccanismo e’ l’unico che consente all’individuo, se ha vissuto compiendo buone azioni, la possibilità di rinascere in una condizione più fortunata.
Ecco che il presente viene vissuto con più rassegnazione e con minore slancio migliorativo perche’ nell’immaginario comune la vita non termina con la morte ma riprende sotto altre forme, fino a quelle animali. Tutto cio’, se sommato ad un livello di scolarizzazione molto basso, si traduce in un clima terzomondista che fatica a mutare.

Gli incrementi del pil indiano, sbandierati su tutti i media mondiali, non sembrano incidere sul benessere materiale di una popolazione che muore di fame tuttora, una nazione che vive sui marciapiedi ed entro la quale la classe media sembra non esistere.

Gli eccessi e le contraddizioni sono eclatanti ed e’ facile saggiarne la crudezza nella quotidianità dei quartieri lusso della capitale, dove gli indiani arricchiti guidano Mercedes e comprano biologico europeo a prezzi da capogiro mentre vengono serviti con ossequio e distanza dal ragazzino di turno che e’ impiegato per 2 euro al giorno.

Non esigono limiti agli eccessi indiani, la bellezza del Taj Mahal e la suggestione della città sacra di Rishikesh ne danno una prova in senso positivo ma l’ago della bilancia pende sempre su ciò che non va’ e che sarebbe necessario e giusto che cambiasse.

Il degrado urbano, la povertà estrema, l’ignoranza diffusa, la suggestione del sacro e la bellezza dei paesaggi permeano la percezione che noi occidentali abbiamo dell’India, una terra che affascina, affatica ed infastidisce allo stesso modo…una terra che insegna tutto ciò che non avremmo mai voluto imparare o vedere ed entro la quale ci si sente in colpa ad esser turisti.

Day 2-3: India reality

13 Mag

La Delhi bene vive trincerata in quartieri e ville super lusso sorvegliate da guardiani assonati ed accaldati armati fino ai denti. Lodi garden, un parco situato fra ambasciate e palazzi governativi, se non fosse per il caldo torrido potrebbe far concorrenza ai giardini indro montanelli di Milano in termini di fashion victim. Rampolli trentelli col turbante corrono accessoriati di iPod e vestiti firmati, badanti e schiavetti portano cani di ogni razza nobile a fare la passeggiata ma gia’ dal muro di confine della zona, central secretariat, la situazione ritorna ad esser peggiore di prima.

Ecco qualche scatto:

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Day 2: Sforzi di modernità mal riusciti.

11 Mag

La giornata di ieri si e’ conclusa con una passeggiata in uno dei più grandi shopping mall di Delhi.
Situato nella parte sud della capitale, questa cattedrale nel deserto non si discosta per niente dallo stile occidentale se non per gli scanner all’ingresso sistemati per la costante paura di attentati terroristici che spaventa il popolo più mite della terra.
Lo stile della mega costruzione stona. Stona perché e’ immersa in un contesto di baracche e fogne a cielo aperto, mente al suo interno le fontane illuminate allietano la vista dei più ricchi della città che come status symbol vanno al centro commerciale, bevono caffè lavazza ed abitano nei quartieri recintati e sorvegliati al sud della città.
Insomma sforzi di modernizzazione per pochi, investimenti di privati che puntano alle poche fascie sociali che beneficiano della crescita del pil sembrano far intuire un paese che se nella massa si rivela solidale e benevolo, non disdegna in una certa misura una rincorsa senza speranza e ragione ad un sogno americano effimero e ben poco credibile. Uno slancio imprenditoriale eccessivo, fuori luogo e privo di un contesto adeguato che ne giustifichi l’esistenza.
Tutto si e’ ridimensionato stasera, passeggiando per Old Delhi ci si rende immediatamente conto quanto più estesa sia la povertà più estrema, quanto meno per i nostri canoni.
Una capra mangiava una bustina di the dalla spazzatura ed un groviglio innumerevole di ometti con sacchi pieni di plastica o qualsiasi altra cosa si muovano in strade polverose, sporche ed intasate. Andavano i’m due sole direzioni, procurarsi di che vivere o pregare.

Day 1: commento a(l) caldo

10 Mag

Ero consapevole che il lussuoso Boeing Milano-Delhi sarebbe stato l’approccio più elegante e raffinato di questo viaggio iniziato nel confort di una poltrona reclinabile e pasti illimitati.
Anche l’aeroporto internazionale di Delhi, col suo viavai impetuoso di persone si e’ rivelato ultra moderno ed efficiente, ma al confine con le porte scorrevoli il caldo torrido e la puzza di bruciato ed incenso insieme ridimensionano l’immagine dell’India moderna come suggerendo che da lavorare ne e’ rimasto e tanto anche.
Polvere, polvere e polvere. Un brulicare di macchine sgangherate e motorini carichi di bambini ed anziani si fa strada a colpi di clacson, molti dei quali esausti emettono un sibilo e basta.
Baracche negli sparti traffico e uomini buttati per terra accanto alle scimmie e tanta spazzatura dovunque danno la proporzione di quanto sia difficoltoso, o più onestamente impossibile, risollevare un paese immenso e nella media poverissimo nel breve periodo di un secolo almeno.
La camera dell’albergo e’, coerentemente, indecente. Non esiste una doccia se non un tubo di pompa appeso al muro e il letto a baldacchino e’ un puzzle di macchie; dentro il frigo bar solo muffa e per mitigare la calura un ventilatore vecchissimo appeso al muro fa un forte ronzio continuo, ma almeno placa il caldo. Un autista di tuc tuc, col quale ho chiacchierato fumando una disgustosa sigaretta, sudava come mai ho visto in vita mia; le mani erano sporche del grasso del motore che spesso cessa di funzionare e incurante del minimo di igiene si asciugava il viso sporcandoselo di cherosene.
Questa e’ l’immagine più onesta e veritiera del mio primo impatto con l’India, il terzo mondo.

Dovere morale di agire, ora.

4 Mag

Qual’è il punto, qual’è la soglia oltre la quale l’individuo finisce di lamentarsi per agire e tentare un cambiamento migliorativo alla sua vita e a quella dei figli?

La passività umana ha dell’incredibile, l’assuefazione acritica agli eventi è malessere sociale acuto, in un mondo in cui gli esempi di ribellione, soprattutto ora, non mancano.

Dov’è il progresso della storia?

Le conquiste sociali dei secoli passati sono fossilizzate in attesa che sia la gente del nostro tempo a dare il proprio contributo e questo stenta ad accadere. Il nuovo medioevo delle classi politiche occidentali affossa le poche menti pensanti, chiudendo ogni porta al dinamismo e alla modernizzazione, e nel contempo le masse si uniformano a standard di vita consumistici ed egoistici che non concedono spazio alla natura sociale e amichevole dell’uomo.Anzi la ridicolizzano e se ne fanno, tristemente per loro, beffa.

La guerra, così temuta in casa, è votata quando è all’estero e la si sponsorizza con semplicismo e ardore. La classe media, fattasi forte dei 2000 euro al mese quando va bene, continua ad innescare una guerra fra poveri che farà ridere a crepapelle le generazioni future e in tutto questo frastuono di fatti e parole idiote il progresso latita, perchè noi tutti latitiamo.

Come in un rogo gigantesco tutto brucia e chi ha gambe e testa per farsi carico di chi questi doni non li ha, deve necessariamente fare quel passo in più.

Le mie parole, i miei pensieri, trovano difficoltà a raggiungere il pubblico ben più numeroso di Uomini e Donne e delle partite di calcio, ma se saranno lette anche solo da un pugno di persone devono servire per far riflettere che ognuno di noi, secondo le proprie inclinazioni ed interessi, ha il dovere morale di agire, ora.

Ripensiamo il diritto di voto

27 Apr

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Democrazia e’ un concetto antichissimo e dinamico al tempo stesso che richiama la Grecia di Aristotele e ci porta, passando per la Rivoluzione francese, alla conquista del suffragio universale in molti paesi democratici nel XX secolo.

Il potere del popolo di governare attraverso la rappresentanza ha assunto diverse connotazioni a seconda delle esigenze ed urgenze del periodo storico che si prende in esame, modellando la facoltà di eleggere ed essere eletti, prima per criteri censitari, poi di genere sessuale e quindi di nazionalità.

Ogni epoca ha le sue specifiche battaglie ma quella per la democrazia ha attraversato tutti i millenni del vivere aggregato ed ora sorge il problema di contestualizzare il concetto ai nostri giorni.

E’ efficace per il raggiungimento del bene comune la nostra democrazia?

La mia risposta e’ no.

Le regole del gioco, nelle istituzioni, sono modificabili per natura dovendo assecondare lo sviluppo umano e sociale e mi pare che, forti degli aspetti formali egalitari e autorassicuranti, il nostro diritto di voto attivo e passivo sia inadeguato, troppo manipolabile dalla distorsione dell’informazione di massa che non sempre e’ compensata da capacita’ di critica ed approfondimento.

Il diritto di voto attivo e passivo, sancito dalla nostra costituzione all’art. 48, prevede l’esclusione da tale facoltà per indegnità morale, per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile ed e’ comunemente inteso come universale nonostante queste eccezioni.

Mancano, a mio avviso, due aspetti sostanziali che non vengono considerati minimamente ma che purtroppo deviano il sano esito delle votazioni e la competenza degli amministratori pubblici ovvero la consapevolezza della libera scelta e la preparazione di coloro che possono esser votati.

Ritengo che il diritto di voto attivo debba essere subordinato necessariamente ed urgentemente al superamento di un test oggettivo, personale e composto di domande random, che saggi le conoscenze e le informazioni minime alle tematiche di attualità e cultura generale poco prima del voto, abilitando così solo coloro i quali siano preparati e consapevoli ad esercitare un ruolo troppo serio per essere alla merce’ di chiunque, solo per principio.

Dall’altra parte, coloro i quali si candidino ai poteri pubblici (allo stesso pari dei dipendenti pubblici) debbono inevitabilmente dimostrare la medesime capacita’ e garantire quindi preparazione, serietà ed effettiva garanzia di incensurabilità.

Solo ora, nell’era della digitalizzazione, e’ possibile pensare alla fattibilita’ concreta di questa idea; il problema maggiore credo consista nella cieca riluttanza a rivedere, a prescindere, certi valori e certe leggi che col tempo mostrano i segni tangibili dell’inadeguatezza ma che sembra appaghino troppe pigre coscienze ben poco critiche e pronte ad un seria analisi del problema.

Qualcuno raccoglierà la sfida?
Io ci sono!

Oggi, h: 16.00 piazza Duomo, Milano

15 Apr

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Vittorio Arrigoni e’ morto.
Su chi fosse questo ragazzo non intendo parlare, si sprecano notizie in milioni di blog per chi volesse andare un tantino oltre la notizia sul telegiornale o su facebook.

Quindi, spero ci sia chi voglia concretamente ritrovarsi proprio oggi a Milano, in piazza del Duomo, alle h 16.00 per manifestare il dolore per la perdita di un ragazzo fuori dal comune e per riflettere su cosa combattesse Vittorio e su come proseguire una strada come la sua, povera di soldi e ricca di emozioni. Io sono in stampelle, non potrò muovermi, spero ci sia chi lo faccia.

Restiamo umani, diceva lui.